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Ventissettesima set. del T. Ordinario

Domenica 6 Ottobre XXVI domenica del Tempo Ordinario
Vangelo e commento tratto da:
SULLA TUA PAROLA il MESSALINO


VANGELOLc 17,5-10

In quel tempo, gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe. Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stríngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

Parola del Signore

COMMENTO

Gesù aveva raccontato la parabola del povero Lazzaro e del ricco; subito dopo aveva parlato ai suoi discepoli dell’inevitabilità degli scandali e dell’importanza della correzione fraterna e del perdono. Chi di noi, di fronte a queste proposte così difficili, non avrebbe fatto la stessa richiesta fatta dagli apostoli: «Accresci la nostra fede!». Perché alla base di tutto c’è sempre la fede. Ogni nostro atteggiamento, ogni giudizio, ogni scelta è conseguenza della qualità della nostra fede. Gesù li spiazza ancora di più, alza il tiro, parte da un granello di senape, il più piccolo tra i semi che ha in sé la possibilità di un albero enorme. Alla luce di questo esempio possiamo leggere e capire quel «siamo servi inutili» che tanto ci lascia perplessi. Se il seme pensasse in cuor suo di poter fare tutto da solo, senza l’aiuto della terra, senza l’ausilio della pioggia, non avrebbe futuro. Solo se accetta di diventare inutile potrà dare vita all’albero. Se si tiene stretta la sua identità di seme sarà destinato a dissolversi. Essere servi inutili è la più grande libertà che il Signore poteva donarci, fare ciò che dovevamo fare sapendo che c’è chi completerà i nostri timidi inizi.